Il management sussidiario per trasformare il contesto lavorativo
Concedere l’autorità partendo dal basso, cioè da chi si ritiene abbia maggiori competenze.
In un articolo comparso recentemente su Il Sole 24 Ore (“Il peso del capitale umano“, 1 febbraio 2015, p. 34), Anouk Grevin, Docente di Management presso l’Università di Nantes e l’Istituto Universitario di Sophia di Loppiano (Fi), propone un nuovo modello organizzativo, un management sussidiario, che potrebbe portare a ripensare completamente l’organizzazione aziendale.
Grevin parte dal presupposto fondamentale che il lavoro sia prima di tutto un’esperienza: un’esperienza fisica, ma anche soggettiva, interiore e collettiva. Si comprende facilmente però come nessuna di queste dimensioni possa essere percepita attraverso gli strumenti di gestione, che negli ultimi anni sono stati sempre più applicati nel contesto aziendale, dando vita alla cosiddetta “svolta gestionale”. Nei decenni più recenti infatti il mondo del lavoro e delle aziende è stato colonizzato da strumenti economici e gestionali intenti a razionalizzare il lavoro o ad assicurare un continuo miglioramento della qualità dei prodotti e dei processi produttivi. Tuttavia l’effetto sulla condizione della vita al lavoro pare, secondo Grevin, che ne abbia in qualche modo risentito, perché non contemplato tra i parametri d’analisi di tale controllo di gestione.
Per poter quindi organizzare una realtà aziendale che sia effettivamente in grado di riconoscere il lavoro dei suoi dipendenti e collaboratori sarebbe necessario assumere un atteggiamento di fondo: la convinzione secondo cui chi è più coinvolto e impegnato nelle questioni concrete e operative del lavoro sia in realtà colui che ha più competenza nello svolgere il lavoro e non chi, invece, lo concepisce da lontano, scrivendo procedure che altri dovranno applicare. La sussidiarietà proposta è una sorta di delega pensata al rovescio: non il top management che concede qualche autonomia alle figure di livello inferiore, chiedendone poi il resoconto, ma le posizioni professionali di livello più basso che concedono una certa autorità a chi si ritiene abbia le competenze per fornire supporto negli incarichi più difficili da svolgere, e che viene coinvolto solo nelle situazioni in cui è richiesta una visione aziendale più ampia o un arbitraggio tra esigenze inconciliabili.
Per Grevin si tratta di strumenti organizzativi che possono trasformare profondamente molti degli attuali contesti lavorativi, ma anche stili di management che si possono adottare nelle realtà produttive, senza aspettare che a cambiare sial il sistema economico.