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Il futuro tra robot e sentimento

Presentato presso l’Unione Parmense degli Industriali il libro “Fatti non foste a viver come robot” dell’economista Marco Magnani

Il futuro tra robot e sentimento

Il futuro indagato attraverso la lente della tecnologia offre un ampio panorama di spunti e riflessioni, a partire dalle considerazioni emerse l’altra sera in occasione della presentazione del volume “Fatti non foste a viver come robot” (UTET 2020, pp. 272) di Marco Magnani, economista, docente di Monetary and Financial Economics in Luiss, fellow dell’Istituto Affari Internazionali e dal 2011 Senior Research fellow alla Harvard Kennedy School of Government.

Di fronte al folto pubblico riunito presso la sede dell’Unione Parmense degli Industriali, a dialogare con l’autore sono intervenuti Cesare Azzali (Direttore Unione Parmense degli Industriali), Alessandro Chiesi (Vice Presidente di Chiesi Farmaceutici spa), Aldo Costa (Chief Technical Officer Dallara Automobili spa), Patrizio Bianchi (Docente Universitario e già Assessore a Scuola, Formazione professionale, Università, Ricerca e Lavoro della Regione Emilia-Romagna), moderati dal Direttore del quotidiano Gazzetta di Parma Claudio Rinaldi.

Già a partire dal sottotitolo – “Crescita, lavoro, sostenibilità: sopravvivere alla rivoluzione tecnologica” – il volume si presenta foriero di molteplici traiettorie di analisi, come è emerso anche dalle differenti prospettive offerte dei diversi interventi, a partire dalla riflessione nella quale Cesare Azzali ha evidenziato come «non si è aperta un’altra fase di una storia che in qualche modo già conosciamo, ma si tratta di una storia completamente nuova. La trasformazione è così radicale che andiamo incontro a una società totalmente diversa. A questo punto, è messa in discussione la posizione di ciascuno di noi: navigando in un mare che non conosciamo dobbiamo metterci in gioco per trovare soluzioni nuove a problemi inediti».

Un quadro nel quale, per tracciare nuove rotte, occorre comunque avere una visione, come ha sottolineato Alessandro Chiesi: «si deve sapere dove si vuole andare, così come un’azienda come la nostra ha bisogno di una continua ricerca e innovazione, sia essa indirizzata, per esempio, verso lo studio di una tecnologia che azzeri le emissioni serra dei farmaci inalati, oppure dedicata allo sviluppo di app strategiche per i pazienti con patologie respiratorie o cardiovascolari che siano registrate come farmaci veri e propri, o ancora abbreviando i tempi delle simulazioni in laboratorio grazie all’intelligenza artificiale. Tutto questo nella consapevolezza che, specie in un Paese come il nostro, occorre promuovere quel valore aggiunto – anche a livello di prezzo – che la nostra creatività e capacità di innovare ci permette di produrre».

Un valore aggiunto che passa anche attraverso una lucida lettura delle caratteristiche che differenziano la macchina e l’uomo, come è emerso dalle parole di Patrizio Bianchi: «occorre tener presente elementi quali coscienza etica e sentimento, porsi il problema del valore morale della crescita e dell’innovazione, chiedersi “Perché?” e “Per chi?”. Uno dei grandi rischi dello sviluppo dei Big Data, per esempio, è che aumentino le disuguaglianze tra quelli che sanno e quelli che non sanno, tra quelli che usano le macchine e quelli che ne vengono usati. È come nella saga di Guerre Stellari: da un lato abbiamo tecnologie avanzatissime, dall’altro una politica di impronta medioevale con l’impero, le gilde corporative e così via. In ogni caso, più che l’intelligenza artificiale temo la stupidità umana».

Non tutti gli avanzamenti tecnologici, però, potranno essere applicati in qualsiasi campo, come sostiene Aldo Costa: «le tecnologie che sviluppiamo in Formula Uno non è immediatamente applicabile nel mondo delle auto di serie, nel primo caso abbiamo dei missili che viaggiano sfiorando l’asfalto, nel secondo strumenti a disposizione di un pubblico di massa. Rimangono delle direttrici comuni, come lo sviluppo delle soluzioni elettriche e ibride. Noi per esempio stiamo progettando un’auto da corsa a idrogeno. Queste tecnologie applicate al mondo dell’auto non risolveranno il problema dell’inquinamento, ma rappresentano comunque un concreto contributo. Ciò che la Formula Uno può trasferire alle industrie sono soprattutto metodologie, processi e sistemi. Non demonizziamo il progresso, ma occorre restare vigili».

La consapevolezza, in estrema sintesi, è anche alla base del saggio di Marco Magnani: «La tecnologia – rimarca l’autore – insidia sempre più anche le professioni intellettuali. C’è chi ritiene necessario frenare il processo, chi vuole accelerarlo. Io sono per la collaborazione intelligente: le macchine vanno usate per migliorare la qualità della vita. Non si tratta tanto di avere il timore che la macchina prenda il sopravvento ma occorre fare in modo che non sia l’uomo ad arretrare. Dobbiamo coltivare e preservare il nostro giardino dell’Eden: l’uomo deve continuare a essere pastore, divenendo però pastore di robot».